VERTENZA RETRIBUZIONE CAMBIO DIVISA
Stante l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (vedasi Cass. Sez. Lavoro 7/2/2014 n. 2837 e Cass. Sez. Lavoro 26/1/2016 n. 1352), i lavoratori hanno diritto alla retribuzione del tempo speso per la vestizione e la svestizione, occorrendo a tal uopo mediamente 10 minuti all'ingresso e 10 minuti all'uscita. Pertanto tutti i lavoratori della Sanità (infermieri, personale OSS, tecnici di laboratorio e tecnici di radiologia), hanno diritto a ricevere dalle rispettive Asl la retribuzione per tale arco temporale, ciò comportando un recupero retributivo di circa 5 ore mensili per ognuno di essi, se turnisti e di circa 7 ore mensili se giornalieri. L'azione è soggetta alla prescrizione quinquennale, per cui ogni lavoratore (infermieri, personale OSS, tecnici di laboratorio e tecnici di radiologia) deve recuperare mediamente una somma tra i 4.000 e i 5.000 € lordi.
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VERTENZA CHIAMATA IN REPERIBILITA’
Molte aziende sanitarie, nel caso di chiamata in reperibilità, provvedono al pagamento della retribuzione dal momento della timbratura e non anche dal momento della chiamata. Sta di fatto però che in base all’univoco orientamento della Suprema Corte anche il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro è considerato “orario di lavoro”. Nel caso della reperibilità ciò significa che il tempo occorrente all’operatore sanitario per rispondere attivamente alla chiamata va considerato come orario di lavoro, per cui la retribuzione deve decorrere dal momento della chiamata. Normalmente il tempo necessario per raggiungere il luogo di lavoro varia tra i venti e i trenta minuti che andranno appunto retribuiti. Considerato che il ricorso alla reperibilità attiva è sempre più frequente, attese le deficienze di organico, ciascun operatore sanitario viene chiamato in reperibilità per 4/6 turni mensili. Di conseguenza, ciascun lavoratore deve recuperare mensilmente una retribuzione di circa due ore. Il diritto in questione è soggetto a prescrizione quinquennale, per cui ciascun interessato dovrà recuperare per tale arco temporale una somma variabile tra 1.000 e 2.000 euro lordi.
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VERTENZA DEMANSIONAMENTO STRISCIANTE
Sebbene la legge 42/99 abbia finalmente compreso l’attività infermieristica nel novero delle professioni sanitarie e malgrado quanto disposto dal Patto della Salute 2014/2016, nonché quanto previsto dall’art. 1 comma 566 della Legge Finanziaria 2014, in realtà gli infermieri sono stretti a “sandwich” tra i medici ed il personale OSS. Anzi si verifica molto spesso, un fenomeno denominato “DEMANSIONAMENTO STRISCIANTE“ consistente nel fatto che gli infermieri, per carenza in organico del personale OSS, vengono chiamati a svolgere anche le mansioni inferiori. Trattandosi di una prassi oramai diffusa e frequente, occorre agire nei confronti delle aziende al fine dell’esatto rispetto delle mansioni di competenza della professione infermieristica. Pertanto ove ciò accada gli interessati potranno mettere in mora le rispettive aziende perché cessi tale condotta e nel caso di mancata ottemperanza si potrà agire in via giudiziale per la tutela della professione infermieristica nonché per ottenere il risarcimento del danno che viene determinato equitativamente dal giudice, in considerazione anche del tempo da cui l’inconveniente si protrae e che mediamente varia dai 3.000/4.000 euro ai 15.000/20.000 euro a persona (tenuto conto che l’azione è soggetta a prescrizione decennale).
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VERTENZA FESTIVITA’ INFRASETTIMANALI
Questa vertenza è tesa al recupero della retribuzione quale straordinario festivo dovuta ai lavoratori nel caso di effettiva prestazione della propria attività in giorni coincidenti con le festività infrasettimanali. Sono interessati tutti gli operatori sanitari (infermieri, personale OSS e tecnici di laboratorio e di radiologia). Per gli stessi, a norma e per gli effetti dell'art. 9 CCNL integrativo sanità pubblica 20/09/2001, è contemplato un compenso pari a quello del lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo, da non confondere con l'indennità di disagio di cui all'art. 44 CCNL sanità pubblica 01/09/1995, rideterminata dall'art. 25 CCNL sanità pubblica 19/04/2004. Ciascun lavoratore, tenuto conto del termine di prescrizione quinquennale, deve recuperare all’incirca un importo di 2.000/3.000 euro lordi.
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VERTENZA PRECARI
La recentissima sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 5072 del 15/3/2016 costituisce una pietra miliare nella vertenza per la soluzione dei problemi del precariato del mondo della sanità. La citata pronuncia ha definitivamente accertato e dichiarato l’illegittimità della prassi della conclusione dei contratti a termine, di volta in volta prorogati dalle Pubbliche Amministrazioni senza che sussistano comprovate ragioni di carattere tecnico o organizzativo atte a giustificare una simile condotta. In definitiva le aziende sanitarie possono stipulare dei contratti a termine solo per eccezionali esigenze di servizio o nelle more dell’attivazione di procedure concorsuali per la copertura definitiva dei posti disponibili in organico. La sentenza della Cassazione sostiene che le amministrazioni devono essere condannate al risarcimento del cosiddetto danno-sanzione, vale a dire che le stesse vanno appunto sanzionate per l’illegittimità del loro comportamento. La Suprema Corte ha ritenuto che detta sanzione debba essere pecuniaria e vada quantificata e parametrata sulla base dell’art. 31 co. 5 L. 183/2010 in una misura variabile tra 2,5 e 12 mensilità, tenendo conto del “tempo di sforamento” dei 36 mesi e dell’elemento dimensionale dell’azienda. La stessa Corte ha ritenuto non possibile la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato in quanto ciò integrerebbe la violazione dell’art. 97 della Cost. che prevede solo ed esclusivamente il concorso quale modalità di accesso alla Pubblica Amministrazione. Orbene, tale conclusione può essere però sconfessata dalla Corte di Giustizia Europea, così come è avvenuto già per la scuola con la sentenza del 26 novembre 2014. Ne consegue che alla luce della sentenza citata e dell’oramai acclarato orientamento della Corte di Giustizia Europea, è quanto mai opportuno attivare l’azione per la trasformazione del rapporto con inoltro della questione della satisfattività della sanzione pecuniaria dinanzi alla Corte di Giustizia Europea. A ciò aggiungasi che vi sono ormai tantissimi lavoratori che hanno addirittura maturato i 36 mesi alla data del 30 ottobre 2013, termine quest’ultimo previsto dalla Legge Madia per l’attivazione della procedura di stabilizzazione. Costoro vedono di anno in anno prorogati i loro contratti, proprio in virtù della citata normativa, registrandosi all’uopo una cronica inerzia da parte delle amministrazioni per quel che concerne le procedure di
stabilizzazione. Tali soggetti hanno tutti i requisiti per ottenere delle pronunce giudiziali che ordinino la trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, o che quanto meno ingiungano alle amministrazioni l’immediata attivazione delle selezioni, con riserva di posti a favore di quanti hanno appunto tali requisiti. In conclusione il quadro giurisprudenziale si va ormai componendo in senso favorevole ai lavoratori che oggi più che mai possono provare nel ricorso all’autorità giudiziaria la soluzione al loro annoso problema
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